domenica 10 giugno 2012

Dalla povertà del più ricco
Passarono dieci anni -
non una goccia mi giunse,
né vento umido, né rugiada d'amore
- una terra senza pioggia...
Ora prego la mia saggezza
di non farsi avida in questa aridità:
trabocca,stilla tu stessa rugiada
sii tu stessa pioggia nella selva ingiallita!
Ordinai un tempo alle nubi
di andar via dai miei monti -
dissi un tempo "più luce, voi oscure!"
Oggi le attiro perché vengano:
fate buio intorno a me con le vostre mammelle!
- voglio mungervi
voi, mucche supreme.
Riverso su questa terra calda saggezza di latte,
dolce rugiada d'amore.
Via, via, voi verità
che oscure guardate!
Non voglio vedere sui miei monti
verità acerbe, impazienti.
Indorata dal sorriso
mi si avvicini oggi la verità,
addolcita dal sole, brunita dall'amore, -
coglierò dall'albero solo una verità matura.
Oggi tendo la mano
verso le chiome del caso,
saggio abbastanza per condurlo
simile ad un bimbo, e ingannarlo.
Oggi voglio essere ospitale
verso ciò che è sgradito,
con il destino stesso
non voglio essere spinoso
- non è ricco Zarathustra.
La mia anima,
con la sua lingua insaziabile,
ha già leccato ogni cosa buona e cattiva,
si è immersa in ogni profondità.
ma sempre, simile al sughero,
essa torna a nuotare in superficie,
volteggia giocando come olio su mari bruni:
in virtù di questa anima mi si chiama beato.
Chi mi è padre? Chi madre?
Non mi è padre il principe abbondanza
e non mi è madre il quieto ridere?
Non generò l'unione di costoro
me, animale enigmatico,
me. demone della luce,
me, dissipatore di tutta la saggezza, Zarathustra?
Malato, oggi di tenerezza,
un vento di disgelo,
siede in attesa di Zarathustra, in attesa dei suoi monti, -
nella sua stessa linfa
reso dolce e cotto,
sotto la sua vetta
sotto il suo ghiaccio,
stanco e felice,
un creatore nel suo settimo giorno.
- Silenzio!
Una verità vaga sopra di me
come una nube, -
con invisibili folgori mi coglie.
Su ampie, lente scalinate
sale la sua fortuna verso di me:
vieni, vieni, amata verità!
- Silenzio!
E' la mia verità! -
Da occhi esitanti,
da vellutati brividi
il suo sguardo mi coglie,
ridente, malvagio, uno sguardo di fanciulla...
Essa indovinò il fondo della mia felicità,
mi indovinò - ah! che cosa trama? -
Sta un drago purpureo in agguato
nell'abisso del suo sguardo di fanciulla.
- Silenzio! Parla la mia verità! -
Guai a te, zarathustra!
Hai l'aspetto di uno
che abbia inghiottito oro:
ti squarceranno il ventre!...
Sei troppo ricco,
corruttore di molti!
Troppi rendi invidiosi,
troppi poveri...
Su di me pure getta ombra la tua luce -,
rabbrividisco: va via, tu ricco,
va, Zarathustra, via dal tuo sole!...
Vorresti regalare, donare la tua abbondanza,
ma sei tu stesso il più superfluo!
Sii saggio, ricco!
Dona prima te stesso, o Zarathustra!
passarono dieci anni -,
e non una goccia ti raggiunse?
né vento umido, né rugiada d'amore?
Ma chi dovrebbe amarti,
tu, troppo ricco?
La tua felicità inaridisce intorno,
rende poveri d'amore
- una terra senza pioggia...
Nessuno più ti ringrazia.
Ma tu ringrazi chiunque
prenda da te:
da ciò ti riconosco,
tu, troppo ricco,
il più povero dei ricchi!
Tu ti sacrifichi, ti tormenta la tua ricchezza -,
ti dedichi,
non ti risparmi, non ti ami:
il grande tormento sempre ti attanaglia,
il tormento di granai traboccanti, di un cuore traboccante -
ma nessuno più ti ringrazia.
Devi farti più povero,
saggio insipiente!
se vuoi essere amato.
Solo chi soffre è amato,
solo a chi ha fame si dà amore:
Dona via prima te stesso, o Zarathustra|!
- Io sono la tua verità...

Friedrich Wilhelm Nietzsche


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