martedì 26 giugno 2012


Prince Charmant

Nel languido svenire dei teneri
Pomeriggi che muoiono voluttuosamente
L’ho cercato in mezza a tutta la gente.
L’ho cercato nelle ore silenziose
Delle notti della mia anima tenebrose!
Bocca che sanguina baci, fiore che sente…
Occhi assorti in un sogno, umilmente…
Mani piene di violette e rose…
E mai l’ho incontrato!… Prince Charmant
Come cavaliere audace di racconti vecchi
Forse nelle nuvole della mattina verrà.
Ah! Tutta la nostra vita va come una chimera
Tessendo in fragili dita fragili merletti
- Non si incontra mai Colui che si spera!…

Florbela Espanca



Mura

Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m’han fabbricato intorno erte, solide mura.
E ora mi dispero, inerte, qua.

Altro non penso: tutto mi rode questa dura sorte.
Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano fui così assente!
Non ho sentito mai né voci né rumori.
M’hanno escluso dal mondo inavvertitamente.

Constantinos Kavafis


domenica 24 giugno 2012


Si suol dire che la monotonia fa parere i giorni più lunghi. Così è quanto alle parti del tempo considerate separatamente. Ma quanto al complesso è tutto l'opposto, perchè un giorno pieno di varietà, terminato che sia ti parrà lunghissimo, anzi spesso ti avverrà di credere a prima giunta che una cosa fatta, accaduta, veduta, ecc. oggi, appartenga al giorno di ieri o ieri l'altro, perchè la moltiplicità delle cose allunga nella tua memora lo spazio, e il maggior numero degli accidenti, accresce l'apparenza del tempo. All'opposto in una vita tutta uniforme, spesso ti avverrà (e m'è avvenuto) di credere che l'accaduto ieri o ier l'altro appartenga al giorno d'oggi, o quello di più giorni fa, al giorno di ieri. E ciò per la ragione contraria, e perchè l'uniformità impiccolisce l'immagine delle distanze. Così la monotonia prolunga la vita in quanto la lunghezza è penosa, e l'abbrevia in quanto la lunghezza è piacevole e desiderata; e la tua vita passata nell'uniformità ti par brevissima e momentanea, quando ne sei giunto al fine.

Giacomo Leopardi, Zibaldone di Pensieri


sabato 23 giugno 2012


Piango

Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
e nessuno invece nessuno
la mia agonia intende.

Piango
per la cecità degli altri,
di tutti che non sanno vedermi,
che sulla lor strada m'incontrano
e nel fondo dei miei occhi
vedere non sanno
quest'infinita supplica d'amore,
ch'io in carità essere sentita vorrei,
e cara a tutti sentirmi
qual mi son creata
con lungo martirio e sì pura fede...

Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
Oh, non piangere, no
ma all'agonia strapparmi,
dalla morte che pietosa sola mi vuole.

Sibilla Aleramo



Nome non ha

Nome non ha,
amore non voglio chiamarlo
questo che provo per te,
non voglio tu irrida al cuor mio
com’altri a' miei canti,
ma, guarda,
se amore non è
pur vero è
che di tutto quanto al mondo vive
nulla m’importa come di te,
de’ tuoi occhi de’ tuoi occhi
donde sì rado mi sorridi,
della tua sorte che non m’affidi,
del bene che mi vuoi e non dici,
oh poco e povero, sia,
ma nulla al mondo più caro m’è,
e anch’esso,
e anch’esso quel tuo bene
nome non ha.

Sibilla Aleramo



Sfoglio le rose

Sfoglio le rose
che m'hanno veduta piangere e sorriderti
e poi ardere bianca,
e metto fra i petali le mie dita
come fra le tue mani,
petali dolci e freschi
che or lancerò nell'aria
cantando sommessa, o amato,
perché tu non ti volga...

Sibilla Aleramo



In un momento

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

Dino Campana



Non dovresti conoscere la disperazione

Non dovresti conoscere la disperazione
se le stelle scintillano ogni notte;
se la rugiada scende silenziosa a sera
e il sole indora il mattino.

Non dovresti conoscere la disperazione,
seppure le lacrime scorrano a fiumi:
non sono gli anni più amati
per sempre presso il tuo cuore?

Piangono, tu piangi, così deve essere;
il vento sospira dei tuoi sospiri,
e dall'inverno cadono lacrime di neve
là dove giacciono le foglie d'autunno;

pure, presto rinascono, e il tuo destino
dal loro non può separarsi:
continua il tuo viaggio, se non con gioia,
pure, mai con disperazione.

Emily Bronte



venerdì 22 giugno 2012


Sonetto XVII

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda 




Lettera di Dino Campana a Sibilla Aleramo              

4 gennaio 1917
Rina mia,
come descriverti lo sguardo idiota di questa gente dopo esser stati baciati dal tuo! Rina io potrei rinunciare a te, ma per sempre. Cosi bella come un réve potrei dimenticarti solo per andare molto lontano e non tornare più. Davanti alle cose troppo grandi sento l’inutilità della vita. Il mare ieri era discretamente bello. Sono andato di notte al mare. Avevo visto i monti pisani velati da cui sorge la luna di D’annunzio senza foco di cui leggemmo e due aeroplani che volavano sul treno. Mia vergine perché leggemmo d’Annunzio prima di partire? Nessuno come lui sa invecchiare una donna o un paesaggio. Mio amore come vuoi che ti ami? Pallida, con una vita senza foco3 come col suo diritto il macchinista stinge il paesaggio e viola il ciclo che non conquista? Sciocchezze? Ma sai quanto ne ho sofferto!
Ecco quello che ci divide. Non ho visto e non vedrò nessuno. Non troppe cose dimmi. Pensa che per vivere l’assurdità del nostro amore hai bisogno di tutta la tua grazia. Quando sempre mai forse parole giravano nel soffitto del mio cervello. La città è una serie di cassoni balordi. Appiccicato alla spallina del passeggio guardo il mare senza parole come io sono senza pensiero.
Mio amore mio amore La Gorgona è un dosso lontano sul mare abbandonata laggiù nei tramonti. Tu ora mi conosci e potremmo abitare lontani se non mi abbandoni col pensiero. Una volta in Sardegna entrai in una casa con fuori una vecchia lanterna di ferro che illuminava la parete di granito. Fuori la via metteva sulla costa pietrosa che scendeva dall’altipiano al mare. Questo ricordo che non ricorda nulla è cosi forte in me! La costa bianca di macigni aveva bevuto il tramonto cupo e rosso che chiudeva l’isola e ora colla lanterna rugginosa solo le stelle sull’altipiano brillavano a me a Garcla. Io baciai la parete di granito senza pensare e non so ancora perché. Ricordo che in quella casa stava la sarda moglie dell’alcoolizzato amico dell’amico del nostro amico. Bevemmo il moscato bianco salmastro di Sardegna ed è idiota come mi ricordo di tutto questo. La mia padrona e dell’Isola del Giglio dove io farei certamente bene ad andare ad abitare per un anno almeno. Tu non ne vedi la possibilità?
Dovremmo ancora vedere le Alpi. Nietsche scendeva di là al mare colla sua sfida. Aimè Rina perché non mi lasci morire? La Fedelweis non è d’Annunziano e la Dora scende in tumulto e il più leggero dei baci crea ancora forse come quando dicevo
Come delle torri d’acciaio
Nel cuore bruno della sera
Il mio spirito ricrea
Per un bacio taciturno.
Ah miseria di questi ritorni. Puoi amarmi? ancora? ancora? ancora? Non ti scriverò. Le mie lettere sono fatte per essere bruciate.

Dino Campana


giovedì 21 giugno 2012


In silenzio

Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo che
il mio cuore mi salga alle labbra.
Ecco perché parlo stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio dolore per paura
che tu faccia lo stesso.

Il mio cuscino mi guarda di notte
con durezza come una pietra tombale;
non avevo mai immaginato che tanto amaro fosse
essere solo
e non essere adagiato nei tuoi capelli.

Federico García Lorca



Come son pesanti i giorni

Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà,
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l’amore può morire.

Federico García Lorca


Istanti

Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere
così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.
Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo mi sono preso qualche momento di allegria.
ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Che, se non lo sapete, di questo
è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.
Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell'acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all'inizio
della primavera
e resterei scalzo sino alla fine dell'autunno.
Farei più giri in calesse,
guarderei più albe
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.

Jorge Luis Borges




martedì 19 giugno 2012


Si t' 'o sapess dicere

Ah… si putesse dicere
Chell' c'o core dice
Quant' sarria felice
Si t' o sapesse di'
E si putesse sentere
Chell' che 'o core sente
Dicisse eternamente
Voglio resta' cu te'

Ma 'o core sape scrivere?
'O core e' analfabeta
E' comm' a nu' pueta
Ca nun sape canta'
Se 'mbrogia sposta e vvirgole
Nu punto ammirativo
Mette nu' cungiuntivo
Addo nun 'nce adda sta'
E tu che o staje a sentere
Te 'mbruoglie appriesso a isso...
E addio felicità!!

Eduardo de Filippo




Dite a Lesbia

.........................
alla mia donna  un amaro messaggio:
viva dunque e stia bene, insieme a tutti gli amanti,
che sono trecento e tanti se ne fa tutti insieme,
nessuno amando davvero, ma a tutti comunque
spezzando
dei fianchi la forza virile.
Non si aspetti, come prima, che a un suo solo cenno
io ritorni a darle il mio amore. E' finito,
sua sola la colpa, come un fiore al bordo del prato
quando passa l'aratro e lo tronca.

Gaio Valerio Catullo



Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno

Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno,
e la stagione, e ’l tempo, e l’ora, e ’l punto,
e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’hanno;

e benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l’arco, e le saette ond’i' fui punto,
e le piaghe che ’nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia donna ho sparte,
e i sospiri, e le lagrime, e ’l desio;

e benedette sian tutte le carte
ov’io fama l’acquisto, e ’l pensier mio,
ch’è sol di lei, sì ch’altra non v’ha parte.

Francesco Petrarca




L'Infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare

Giacomo Leopardi



lunedì 18 giugno 2012

Fuori del limbo  

Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra,
fu tutto.
E non sarà mai rubato quest'unico tesoro
ai tuoi gelosi occhi dormienti.
Il tuo primo amore non sarà mai violato.
Virginea s'è rinchiusa nella notte
come una zingarella nel suo scialle nero.
Stella sospesa nel cielo boreale
eterna: non la tocca nessuna insidia.
Giovinetti amici, più belli d'Alessandro e d'Eurialo,
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo.
L'insegna paurosa non varcherà mai la soglia
di quella isoletta celeste.
E tu non saprai la legge
ch'io, come tanti, imparo,
- e a me ha spezzato il cuore:
fuori del limbo non v'è eliso.

Elsa Morante   -(da) L'isola di Arturo 



domenica 17 giugno 2012


PENSO A TE

Penso a te nel silenzio della notte,
quando tutto è nulla, e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso,
allora, solitario di me, passeggero fermo di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
tutto il passato, in cui fosti un momento eterno, è come questo silenzio di tutto.
tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi, è come questi rumori,
tutto l'inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno.
ho visto morire, o sentito che morirono, quanti amai o conobbi,
ho visto non saper più nulla di quelli che un po' andarono con me,
e poco importa se fu un'ora o qualche parola;
o un passeggio emotivo e muto, e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
bianco e nero di tombe e alberi e di estraneo chiardiluna
ed è in questa quiete assurda di me e di tutto che penso a te.

Fernando Pessoa


venerdì 15 giugno 2012


Io te vurria...


”Io te vurrìa vasà"
sospira la canzone,
ma prima e più di questo io ti vorrei bastare,
io te vurrìa abbasta’,
come la gola al canto,
come il coltello al pane,
come la fede al santo
io ti vorrei bastare.
E nessun altro abbraccio,
potessi tu cercare,
in nessun altro odore... odore addormentare,
io ti vorrei bastare, io te vurrìa abbasta’.
”Io te vurrìa vasà”
insiste la canzone,
ma un pò meno di questo,
io ti vorrei mancare,
io te vurrìa manca’,
più del fiato in salita,
più di neve a Natale,
di benda su ferita,
più di farina e sale.
E nessun altro abbraccio,
potessi tu cercare,
in nessun altro odore... odore addormentare,
io ti vorrei mancare, io te vurrìa manca'.

Erri De Luca




Casa sul mare

ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono l'anima
che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d'acqua che rimbomba.
Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio.

Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche i soffi leni:
ed è raro che appaia nella bonaccia muta
tra l'isole dell'aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.

Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell'ora che torpe o nel sospiro del frangente
si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s'appressa l'ora
che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s'infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.

Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga labile
come nei sommossi campi del mare spuma o ruga.

Ti dono anche l'avara mia speranza.
A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno. I
l tuo cuore vicino che non m'ode
salpa già forse per l'eterno.

Eugenio Montale


giovedì 14 giugno 2012

Vado dentro di me cercando l'ombra
Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando 

il più intimo essere della mia vita, 
vado dentro di me cercando l'ombra.



Fernando Pessoa




Quasi anonima sorridi

Quasi anonima sorridi
e il sole indora i tuoi capelli.
Perché per essere felici
è necessario non saperlo?

Fernando Pessoa


mercoledì 13 giugno 2012


Sensazioni 

Nelle azzurre sere d'estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l'erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna.

Arthur Rimbaud



Lettera d'amore

Tremo aspettando che tu mi scriva. M’hai amato, quei giorni. T’ho avuto tutto nel primo sguardo, cosi interamente. Perché tremo? E l’ultima sera m’hai detto: “Tanto dubitavi di te?…”.Oh, ma è la verità. Dino. Io, che non vorrei, che mai avrei voluto cambiarmi con un’altra creatura, io che so il mio valore, so anche tutta la mia miseria, so che se tu domani mi scrivessi che è stato un sogno, che ti sei svegliato, che non mi ami, troverei nel mio orrore da chinare il capo… Perché amarmi, tu? Anche oggi, che povere frasi sciocche devo averti scritto. Come quando t’ero accanto, che non sapevo che piangere o baciarti. E ho fatto piangere tanti dacché vivo. Che importa se per ogni lagrima che ho fatto scendere ne ho versate io stessa cento. C’è tanta ombra intorno a me. Puoi averlo sentito, puoi, dopo che son partita, averlo sentito, tu che sei fatto per il sole… Dino, Dino!M’hai detto: “tu non dici: sempre, mai, come le altre”. Ma stasera mi sembra che mai io mi sia sentita davanti all’amore una cosi piccola cosa oscura. Dopo tutto quanto ho vissuto e voluto, dopo aver benedetto ogni sforzo e ogni martirio credendo ogni volta di crescere e d’adunar luce in me, come mi trovo davanti a te! E se tu sapessi il disprezzo che ho per queste stesse parole con le quali cerco come d’inginocchiarmi. Tacere, non dovrei che tacere, aspettando. Bisogno di distruzione, dicevi… Come m’hai parlato del “nostro” lavoro, quell’ultimo mattino! Della cosa bella creata sotto il cielo dal fatto solo del nostro amore. – Senti i miei silenzi? – T’ho veduto staccato da tutti, libero come nessuno, e più umano ancora di me, oh Dino, ch’ero cosi sola a portar tutta la mia umanità. Ma più forte di me, anche. Più alto. So quel che dico. Che ti potrò dare? T’adoro. E sento tutta la mia impotenza.
Baciarti

Sibilla Aleramo a Dino Campana; 7 agosto 1916


martedì 12 giugno 2012


Cos’è rimasto?

Cos’è rimasto dei momenti belli?
Il brillare degli occhi,
una goccia d’essenza,
un sospiro sul bavero,
il respiro sul vetro,
di lacrime una briciola
e un’unghia di tristezza.

E poi, credetemi, quasi più nulla.
Fumo di sigarette
e sorrisi fuggevoli,
e un pugno di parole
che volano in un angolo
come rifiuti lievi
che il vento porta via.

E ancora non vorrei dimenticare
quei tre fiocchi di neve.
Solo questo, ed è tutto.

Jeroslav Seifert



Il violinista pazzo

Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.

Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all'improvviso se ne andò,
e invano sperarono di rivederlo.

La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.

Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.

La sposa felice capì
d'essere malmaritata,
l'appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d'aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.

In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.

Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.

Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.

Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell'ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda
-risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.

Fernando Pessoa



Le finestre

In queste buie stanze
dove passo giornate soffocanti,
io brancolo
in cerca di finestre.

Una se ne aprisse,
a mia consolazione.
Ma non ci sono finestre
o sarò io che non le so trovare.
Meglio così, forse.

Può darsi che la luce
mi porti altro tormento.
E poi chissà mai
quante cose nuove
ci rivelerebbero.

Constantinos Kavafis




lunedì 11 giugno 2012


Una forgia e una falce

Un minuto fa avevo le finestre aperte
e c’era il sole.
Tiepide brezze
attraversavano la stanza.
(L’ho scritto anche in una lettera.)

Poi, sotto i miei occhi, si è fatto buio.
Il mare ha cominciato a incresparsi
e le barche da diporto che erano a pesca
hanno virato e sono rientrate, una flottiglia.

Il tintinnabolo sotto al portico è caduto
di colpo sotto una raffica. le cime degli alberi
tremavano.
Il tubo della stufa cigolava e sbatteva
trattenuto dai tiranti.

Ho detto: "Una forgia e una falce”.
Certe volte parlo da solo, così.
Nomino certe cose:
argano, gomna limo, foglia, fornace.

Il tuo volto, la tua bocca, le tue spalle
ora sono per me inconcepibili!
Che fine hanno fatto?
E’ come se li avessi sognati.

I sassi che abbiamo portato
a casa dalla spiaggia se ne stanno lì
sul davanzale a raffreddarsi.
Torna a casa. Mi senti?
I miei polmoni sono pieni del fumo
della tua assenza.

Raymond Carver




Cose nascoste 

Dalle cose che feci o dissi
non cerchino d’indovinare chi fui.
C’era un impedimento a trasformare
il mio modo di vivere e di agire.
C’era un impedimento che m’interrompeva
molte volte che stavo per parlare.

Dalle mie azioni meno appariscenti
e dai miei scritti più velati –
da questo solo mi conosceranno.
Anche se forse non varrà la pena
che faccian tanti sforzi per capirmi.

Più avanti – in una società perfetta –
apparirà di certo qualcun altro
che mi somigli e come me sia libero.

Constantinos Kavafis




La curva dei tuoi occhi intorno al cuore

La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
ruota un mondo di danza e di dolcezza,
nimbo del tempo, arca notturna e fida,
e non tutto so piú quel che ho vissuto
perché non sempre gli occhi tuoi m'han visto.

Foglie di luce e spuma di rugiada
canne del vento, risa profumate,
ali che il mondo coprono di luce,
navi che il cielo recano ed il mare,
caccia dei suoni e fonti dei colori.

Profumi schiusi da un nido di aurore
sempre giacenti sulla paglia d'astri,
come la luce vive d'innocenza
il mondo vive dei tuoi occhi puri
e va tutto il mio sangue nei tuoi sguardi.

Paul Éluard



Giro le spalle al mare

Giro le spalle al mare che conosco,
al mio essere umano me ne torno,
e quanto c’è nel mare lo sorprendo
nella pochezza mia di cui son conscio.

Di naufragi ne so più del mare,
dagli abissi che sondo torno esangue,
e perché da me nulla lo separi,
vive annegato un corpo nel mio sangue.

Josè Saramago


domenica 10 giugno 2012

Dalla povertà del più ricco
Passarono dieci anni -
non una goccia mi giunse,
né vento umido, né rugiada d'amore
- una terra senza pioggia...
Ora prego la mia saggezza
di non farsi avida in questa aridità:
trabocca,stilla tu stessa rugiada
sii tu stessa pioggia nella selva ingiallita!
Ordinai un tempo alle nubi
di andar via dai miei monti -
dissi un tempo "più luce, voi oscure!"
Oggi le attiro perché vengano:
fate buio intorno a me con le vostre mammelle!
- voglio mungervi
voi, mucche supreme.
Riverso su questa terra calda saggezza di latte,
dolce rugiada d'amore.
Via, via, voi verità
che oscure guardate!
Non voglio vedere sui miei monti
verità acerbe, impazienti.
Indorata dal sorriso
mi si avvicini oggi la verità,
addolcita dal sole, brunita dall'amore, -
coglierò dall'albero solo una verità matura.
Oggi tendo la mano
verso le chiome del caso,
saggio abbastanza per condurlo
simile ad un bimbo, e ingannarlo.
Oggi voglio essere ospitale
verso ciò che è sgradito,
con il destino stesso
non voglio essere spinoso
- non è ricco Zarathustra.
La mia anima,
con la sua lingua insaziabile,
ha già leccato ogni cosa buona e cattiva,
si è immersa in ogni profondità.
ma sempre, simile al sughero,
essa torna a nuotare in superficie,
volteggia giocando come olio su mari bruni:
in virtù di questa anima mi si chiama beato.
Chi mi è padre? Chi madre?
Non mi è padre il principe abbondanza
e non mi è madre il quieto ridere?
Non generò l'unione di costoro
me, animale enigmatico,
me. demone della luce,
me, dissipatore di tutta la saggezza, Zarathustra?
Malato, oggi di tenerezza,
un vento di disgelo,
siede in attesa di Zarathustra, in attesa dei suoi monti, -
nella sua stessa linfa
reso dolce e cotto,
sotto la sua vetta
sotto il suo ghiaccio,
stanco e felice,
un creatore nel suo settimo giorno.
- Silenzio!
Una verità vaga sopra di me
come una nube, -
con invisibili folgori mi coglie.
Su ampie, lente scalinate
sale la sua fortuna verso di me:
vieni, vieni, amata verità!
- Silenzio!
E' la mia verità! -
Da occhi esitanti,
da vellutati brividi
il suo sguardo mi coglie,
ridente, malvagio, uno sguardo di fanciulla...
Essa indovinò il fondo della mia felicità,
mi indovinò - ah! che cosa trama? -
Sta un drago purpureo in agguato
nell'abisso del suo sguardo di fanciulla.
- Silenzio! Parla la mia verità! -
Guai a te, zarathustra!
Hai l'aspetto di uno
che abbia inghiottito oro:
ti squarceranno il ventre!...
Sei troppo ricco,
corruttore di molti!
Troppi rendi invidiosi,
troppi poveri...
Su di me pure getta ombra la tua luce -,
rabbrividisco: va via, tu ricco,
va, Zarathustra, via dal tuo sole!...
Vorresti regalare, donare la tua abbondanza,
ma sei tu stesso il più superfluo!
Sii saggio, ricco!
Dona prima te stesso, o Zarathustra!
passarono dieci anni -,
e non una goccia ti raggiunse?
né vento umido, né rugiada d'amore?
Ma chi dovrebbe amarti,
tu, troppo ricco?
La tua felicità inaridisce intorno,
rende poveri d'amore
- una terra senza pioggia...
Nessuno più ti ringrazia.
Ma tu ringrazi chiunque
prenda da te:
da ciò ti riconosco,
tu, troppo ricco,
il più povero dei ricchi!
Tu ti sacrifichi, ti tormenta la tua ricchezza -,
ti dedichi,
non ti risparmi, non ti ami:
il grande tormento sempre ti attanaglia,
il tormento di granai traboccanti, di un cuore traboccante -
ma nessuno più ti ringrazia.
Devi farti più povero,
saggio insipiente!
se vuoi essere amato.
Solo chi soffre è amato,
solo a chi ha fame si dà amore:
Dona via prima te stesso, o Zarathustra|!
- Io sono la tua verità...

Friedrich Wilhelm Nietzsche



Sii gentile

Ci viene sempre chiesto
di comprendere l'altrui
punto di vista
non importa quanto sia
antiquato
stupido o
disgustoso.

Uno dovrebbe
guardare
agli errori degli altri
e alle loro vite sprecate
con
gentilezza,
specialmente se si tratta di
anziani.

Ma l'età è la somma
delle nostre azioni.
sono invecchiati
malamente
perché hanno
vissuto
senza mettere mai a fuoco,
hanno rifiutato di
vedere.
non è colpa loro?
di chi è la colpa?
mia?

A me si chiede di mascherare
il mio punto di vista
agli altri
per paura della loro
paura.

L'età non è un crimine
ma l'infamia
di un'esistenza
deliberatamente
sprecata
in mezzo a tante
esistenze
deliberatamente
sprecate
lo è.

Charles Bukowski



Sull’isola a volte abitata 

Sull’isola a volte abitata di quel che siamo,
ci sono notti, mattini e albe
in cui sentiamo  il bisogno di morire.
Allora sappiamo tutto di quel che è stato e sarà.

Il mondo ci appare definitivamente spiegato e ci
invade una grande serenità, e si dicono le
parole che la esprimono.

Solleviamo un pugno di terra e la stringiamo tra le mani.
Che dolcezza.
Lì si contiene tutta la verità sopportabile:
il contorno, la volontà, i limiti.

Possiamo allora dire che siamo liberi,
con la pace e il sorriso di chi si riconosce
e ha viaggiato intorno al mondo infaticabile,
perché ha morso l’anima fino  all’osso.

Liberiamo pian piano la terra dove avvengono miracoli
come l’acqua, la pietra, la radice.
Ognuno di noi è per ora la vita.
Questo ci basti.

José Saramago



Silenzi

Oggi non era giorno di parole,
con mire di poesie o di discorsi,
né c’era strada che fosse nostra.

A definirci bastava solo un atto,
e visto che a parole non mi salvo,
parla per me, silenzio, ch’io non posso.

José Saramago


sabato 9 giugno 2012


Intimità

In fondo alla miniera più segreta,
all' interno del frutto più distante,
nel vibrare della nota più discreta,
nella conchiglia più ritorta e risonante,
nello strato più denso di pittura
nella vena che nel corpo più ci sonda,
nella parola che dica più dolcezza,
nella radice che più scende, più nasconde,
nel silenzio più fondo della pausa
in cui la vita si è fatta eternità,
cerco la tua mano, decifro la causa
di non credere e volere, infine, intimità.

José Saramago





Passato

I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.

E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire che
che m'appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.

Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.

Vincenzo Cardarelli